La tentazione era forte.
Sapevate che esistono bamboline di plastica dall'aria cattivella che raffigurano piccoli feti abortiti?
O spillette a forma di piedini di neonato da attaccare sulla giacca, distribuiti con un sorriso da convinti attivisti "pro-life"?
Questo e altri materiali ai limiti del feticismo, insieme ai cartelloni che quest'inverno ci informavano che feti di poche settimane sono in grado di compiere una serie di operazioni mirabolanti e forse, perchè no, anche di indicarci la strada per l'inferno,
insieme agli spot della Lorenzin che ci ricordano che se siamo un po' passatelle dobbiamo lasciarci attanagliare dall'ansia da orologio biologico per espiare i sensi di colpa,
insieme agli inviti della Meloni, madre stagionatella di un (un) pargolo, che pare si senta male se non mettiamo su una di quelle belle famiglie di una volta con 7/8 figli (tutti bravi con l'utero degli altri) sembrerebbero un ottimo spunto su cui discutere, su cui ancora una volta indignarsi, da cui lasciarsi mettere ancora una volta a disagio.
Invece no.
Per una volta, basta.
Per una volta, parliamo invece di quello che in tutta questa giostra di opinioni, di fazioni, di sostenitori, di contrari, di "secondo me", viene completamente messo da parte, completamente trascurato.
Una donna.
Con il suo corpo.
Le sue mani.
I suoi piedi.
Le sue cosce.
Le sue smagliature.
I suoi tatuaggi.
La sua cellulite.
I suoi amori.
La sua vita.
La sua pancia.
La sua storia.
Il punto è uno e non va mai dimenticato: non c'è niente su cui discutere, non c'è margine per opinioni, confronti o discussioni.
La vita, i ricordi, la storia di qualcuno, il guscio unico e personale del suo io, per quanto noi vogliamo illuderci del contrario, per quanto a noi piaccia avere qualcosa di morboso di cui parlare, non possono e non devono essere il programma di una conferenza o di un tg, l'argomento di una tavola rotonda, l'oggetto di una manifestazione.
Credete davvero che si possa costringere lo spirito umano, che si possa manipolarlo, che si possa renderlo schiavo di una regola o del risultato di un dibattito?
Credete davvero che si possa costringere una donna a diventare madre contro la sua volontà?
Credete che una ragazza che ha attraversato il viaggio di se stessa, delle sue lacrime, delle sue personali violenze, delle sue illusioni, dei suoi piccoli inferni, permetta a qualcuno, chiunque sia, di infilare le mani in quello spazio interiore, vivo e privato racchiuso dall'involucro della sua pancia?
Credete davvero che il suo pensiero e il suo agire possano essere influenzati dai vostri cortei, dai vostri slogan, dai vostri striscioni?
Credete davvero di poter comandare la vita, di poter conservare e tenere attaccato con la forza alle viscere di qualcuno il miracolo biologico che dovrebbe fiorire e svilupparsi soltanto per amore?
L'amore esclude per definizione qualunque concetto di obbligo.
Come pensate dunque di forzare la possibilità di amare e di desiderare dove non può o per sacrosanta scelta non vuole esserci?
Come pensate di punire quelle persone che avete definito assassine, per aver cercato di svincolarsi dalla mostruosità di un obbligo impossibile da vivere?
Laddove non bastasse un divieto, una legge, cosa pensate di infliggere per obbligare una donna a desiderare, a volere, a trovare uno spazio dentro di sé, ad accogliere, ad amare?
Ricorreremo forse alla pena di morte, alle percosse fisiche? Alla reclusione?
Vi siete mai chiesti cosa mai potreste provare se qualcuno volesse obbligarvi ad amare laddove non volete, dove non vi sentite pronti, dove forse persino odiate?
Chi potrebbe forzarvi?
Vi rendete conto di quanto può essere tremendo, terribile, impossibile da sopportare, tanto da spingere una donna a trafiggere la sua stessa carne con un ferro da calza, sapendo di rischiare la sua stessa vita?
(Solidarietà alle sorelle argentine, ancora costrette a ricorrere a questa barbarie).
Pensate all'utero vostro, alla vostra, di pancia.
Pensate ai vostri personali debiti di amore, se ne avete.
Giudicate prima di tutto voi stessi.
Pensate ai vostri limiti, ai vostri desideri, a quello che non potreste fare mai.
E se poi proprio vi restasse la voglia di sindacare su quelli di qualcun altro, trovatevi un hobby, possibilmente che non riguardi l'utero altrui.
Commenti
Posta un commento