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Scienziate da pannolino


Speravo tanto che almeno di quest'incubo ci fossimo liberati, invece succede ancora che rischi di strozzarti con la forchettata di spaghetti al sugo perché all'improvviso ti compare davanti agli occhi 'sta tipa poco più che diciottenne col camice aperto sul davanti per far vedere quanto è figa, il sorriso sull'ebete andante e di sottofondo il tormentone

 "ogni mamma è una ricercatrice".

E se il boccone va di traverso a me, che bene o male nel mio campo di studi ho trovato lavoro, immaginiamoci quanto possa andare di traverso a tutte quelle ricercatrici che dopo il mazzo che si sono fatte sono costrette a lavorare al call-center per arrivare a fine mese o se ne devono andare a cercare fortuna altrove.

Immaginate che gioia per tutte queste ragazze sentire la confortante notizia che

"da oggi i laboratori Pampers aprono le porte alle mamme."

Pensate un po', non a loro, che si sono sbattute a prendersi specializzazioni e master, che invece di stare a casa a farsi mantenere hanno fatto lo sforzo di impararsi giusto qualche nozioncina di chimica, fosse mai che in un laboratorio ci fosse la possibilità di lavorarci per davvero.

No, levatevi tutti di mezzo, le porte le aprono alle mamme!

"In fondo ogni mamma è una ricercatrice."

Ma anche no.
Ma neanche in fondo in fondo.
Ma neanche scavando bene.

Qualche anno fa forse (e ribadisco forse) questo messaggio, di fatto FALSO nei contenuti, poteva essere una battuta, una trovata simpatica, un accostamento divertente.
Adesso non lo è più in nessuna maniera.
Semplicemente perché adesso la gente ci crede.

Ogni mamma si sente maestra, medico, ginecologo, immunologo, biologo etc.etc.

Ma non così per dire, per fare una goliardica battuta dal pizzicarolo giù all'angolo, del tipo "siamo tutti un po' dottori".

No.
Un pochino, sotto sotto, dai oggi e dai domani e cerca un po' su internet e parla con l'amica, e frequenta il corso di medicina alternativa e fai il corso di massaggi orientali e informati un pochino sui complotti e produci il tuo sapone fai-da-te e chi più ne ha più ne metta, comincia a crederci sul serio.

Mancava solo il vostro incoraggiamento, cari Pampers.

Di conseguenza, ci si rivolge con spocchia irritante a insegnanti, specialisti e medici.

Di conseguenza, fior di ricerche avvalorate da decenni di studi, riportate su testi di tutto rispetto, vengono liquidati come sciocchezze con un sorrisetto di superiorità.

Di conseguenza, i figli non si vaccinano più, la terra è piatta e ci si nutre solo di radici.

Hai una laurea?
Sei patetico, saccente, arrogante, radical-chic e fuori moda.
Pure un filo antico.

Ne hai più di una? Hai un master o una specializzazione?

Cazzo, sei veramente antipatico!

Togliti di mezzo. Fatti da parte.
Lascia posto a "le mamme", a "la gente che certe cose le vive", a chi ha studiato "all'Università della Vita."

Sapete una cosa? Anche no.

Ho passato i miei anni migliori a sgobbare sui libri e a tenermi in equilibrio per chilometri su mezzi pubblici fatiscenti che tutto avevano meno che un aspetto "radical-chic" per raggiungere aule universitarie e altri luoghi di studio sparsi in tutti gli anfratti della città.
Giornate che iniziavano  alle 5 antimeridiane e terminavano di sera, di notte o forse mai.
Sabati e domeniche chiusa in casa o in biblioteca mentre tutti gli amici se ne andavano al mare.
Settimane interminabili ad imparare a memoria formule, regole e nomi (su libri veri).
Esami da incubo a combattere con l'umore di professoroni alle soglie dell'andropausa.
Momenti ai limiti dell'esaurimento nervoso a spiegare al genitore di turno che una terapia non è "uguale" a "stimolare i bambini con il tablet".

Faccio dunque un tantino di fatica ad avallare la diffusione dell'idea che siamo tutti medici, maestri, dentisti, scienziati, ricercatori anche perché, semplicemente, non lo siamo.

Non parliamo poi del tentativo ripetuto di passare subdolamente a noi donne il concetto che in fondo è lo stesso.
Che non importa che ci smazziamo o meno.

Tanto poi ci sono delle politiche alle pari opportunità che fanno abbastanza cagare, quindi di fatto ci toccherà rinunciare all'idea di lavorare in un vero laboratorio e scarrozzarci noi i ragazzini.

Quindi tanto vale darci il contentino e dirci che basta che siamo "mamme" e possiamo essere tutto. Pure un po' ricercatrici!

Peccato che la realtà sia un tantino diversa.

Sono orgogliosa dei miei titoli di studio e della fatica spesa per ottenerli e non intendo partecipare a questa cultura dell'ignoranza che vorrebbe farne quasi una vergogna o una colpa e che vorrebbe far passare l'idea che chi non li possiede ne sa quanto me, se non di più, nel mio specifico campo d'azione.

Volete essere "ricercatrici?"

Benissimo.
Iscrivetevi all'università.
Ma un'università vera.

Mi dispiace deludervi, ma quella "della vita", che ci piaccia o meno, ci tocca frequentarla comunque a tutti, questo però non ci esime da dover fare lo sforzo di prenderci pure una laurea vera, se poi vogliamo lavorare in un laboratorio.

Fatevi il mazzo per una decina d'anni, studiate, fatevi quei bei tirocinii o stage di formazione pagati due lire nutrendovi a pane e cipolla, come qui da noi fanno tutte le ricercatrici vere.
Poi ne possiamo riparlare.

Volete discutere da pari a pari col vostro medico in materia di vaccini?
Volete conferire con gli insegnanti dei vostri figli sui metodi educativi?
Volete consigliare diete dimagranti miracolose sui social?
Volete lanciarvi in discutibili proposte di programmi politici volti al risanamento dell'economia?
Volete dire la vostra in materia di misure anti-sismiche?
Volete insegnarci come si fa a guadagnare "tanti soldi in poco tempo?"

Idem come sopra.

Mi dispiace care mie, ma tocca rimboccarsi le maniche, un sorriso ammiccante non basta.

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