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Chi butteremmo giù dal ponte



Davvero.

Io lo dico onestamente, se fosse caduto qualcuno dei miei cari da quel ponte non mi sarebbe fregato niente di nessuno.
Sarei incazzata nera e basta.

Non me ne fregherebbe niente di chi ha pagato chi, di chi stava al governo, di come sono andate le cose, delle mafie, dello stato, degli altri morti, probabilmente vorrei solo mettere le mani addosso a chi non ha fatto quello che doveva fare, senza mezzi termini.

Tantomeno mi fregherebbe niente dei facilismi sul destino, sul come si dovrebbe o non si dovrebbe morire, su quanto sia giusto o ingiusto, di qua e di là.

Sono egoista, come tutti, perciò se muore mio marito, mia sorella, la mia amica, mio padre, ammazzerei tutti.

Invece onestamente, andando a stringere, passate le solite chiacchiere da social del giorno dopo, del fidanzato o della madre o del fratello di gente che non conosco continua a non fregarmene niente, così come d'altra parte non me ne fregava niente prima.

Se ci vogliamo mettere un pizzico di onestà, dobbiamo ammettere che è così.

Una frase però mi ha colpito, una delle tante  che danno "un titolo" alle vittime del ponte.
Più o meno recitava così:

"Le vittime del ponte: famiglie, fidanzati, lavoratori".

A me queste parole qualcosa su di noi la dicono.

Le verità più scomode si nascondono benissimo nelle affermazioni più innocenti.

Di base non ce ne frega niente, a nessuno.

Però poi ci scappa, in un modo o nell'altro,  una fotografia, un ritratto in cui si vedono bene i colori del nostro egoismo.

Per dire, a nessuno verrebbe di intitolare uno dei tanti video di commiato:

"le vittime del ponte: immigrati, rom, gente che si droga, ragazze-madri, single e coppie gay".

Che guaio sarebbe stato!

Che confusione si sarebbe creata!

Tanti sarebbero stati in seria difficoltà nel capire se avrebbero dovuto considerarla una cattiva o una buona notizia.

Che cosa avremmo dovuto scrivere sui social?
Che è successa una cosa bella o una cosa brutta?

Che imbarazzo!

Avremmo esitato con le mani sudate sulla tastiera in preda al dubbio.
Non avremmo saputo da che parte schierarci.
Quale sarebbe stata la cosa giusta da dire?
E se avessimo sbagliato?
Che immagine avremmo dato di noi?
Ci avrebbero detto "radical-chic" o "fascisti"?
"immorali" o "buonisti"?

Che problema!

Dunque forse, a meno che non vogliamo proprio fingere che non esista il secondo principio della logica aristotelica, quello secondo il quale non è possibile affermare di una stessa cosa una realtà e il suo contrario, ci faciliterebbe le cose ammettere che nella testa di molti (o di tutti?) esistono persone "meglio" di altre.

Dunque, sempre secondo la logica elementare, quando faccio la festa di compleanno del pupo, la cena con gli amici, il selfie di gruppo, la raccolta firme per mettere le fioriere al condominio, la presenza di alcuni conta più di quella di altri.

Dunque, quando faccio beneficenza, quando mi batto per "i diritti", quando mi batto "per la vita", quando scrivo "je suis...qualcosa", non è che la vita o i diritti di tutti sono proprio tutti uguali.

Ci sono cose fighe per cui ci piace a tutti scrivere "je suis..."

per altre categorie meno fighe poi invece, all'improvviso, non "siamo" più nessuno.

Dunque, sempre non volendo abbandonare le ferree regole della logica, quelli per cui mai scriveremmo "je suis...", per noi, potevano pure cadere dal ponte?

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